mercoledì 8 dicembre 2010
"Il Fatto non costituisce reato"
Sorge il sole su Casalecchio di Reno, paesino a pochi passi da Bologna. La temperatura è rigida, ma i primi raggi di sole iniziano a riscaldare l'aria e i cuori delle persone che si apprestano ad affrontare la quotidianità. È il 6 Dicembre 1990. Numerosi ragazzi affollano il cortile della succursale dell'Istituto Tecnico Salvemini: si odono risate, schiamazzi, qualcuno si accorda su come trascorrere il giorno dell'Immacolata. Insomma sta per cominciare una normale giornata scolastica, preceduta dal suono della campana che richiama tutti alle rispettive classi. Sono le 8:00.
Aereoporto militare di Villafranca (Verona) ore 9:47. Un Aermacchi MB 326 dell’Aeronautica Militare Italiana decolla per un volo di addestramento. Ai comandi dell'aereo si trova il Tenente Bruno Viviani. Durante il volo, presso Ferrara, si accorge che qualcosa non va' nel velivolo e contatta la Torre di controllo di Padova:
VIVIANI: "Sono a Nord di Ferrara, piantato motore 150 nodi, 4500 piedi, 356".
PADOVA (centro radar militare): "Ricevuto, intenzioni?".
VIVIANI: "Emergenza".
PADOVA: "Ricevuto".
VIVIANI: "Se ci arrivo mi dirigo direttamente verso campo di Ferrara, direttamente".
PADOVA: "Ricevuto".
Sono le 10:37. Un minuto dopo il centro radar contatta il velivolo.
PADOVA: "Intende effettuare un atterraggio di emergenza sulla pista di Ferrara?".
VIVIANI: "Si è forse riacceso, comunque non fa più del 70%, con 150 nodi, provo ad andare a Bologna”.
Nell'istituto scolastico tutto procede tranquillo. La seconda A, composta da 14 ragazze e 2 ragazzi, è alle prese con una interminabile lezione di tedesco. Qualcuno si distrae guardando fuori la finestra che dà sul cortile, la grammatica tedesca non si fa amare particolarmente. Improvvisamente un rombo: a quel punto tutti distolgono l'attenzione dall'insegnante e si voltano verso la finestra. Ma è un rumore anomalo, diventa ogni istante più vicino, sempre più vicino finché i vetri esplodono e un gigantesco mostro di metallo squarcia le mura penetrando dentro l'aula ed esplodendo in una gigantesca palla di Fuoco.
L'Aermacchi in panne non arriva mai a Bologna ma si schianta sull'Istituto Tecnico Salvemini. Il pilota resosi conto ormai tardi (stava sorvolando un centro abitato) di non poter più controllare l'aereo, aziona il dispositivo di espulsione di emergenza, lasciando l'aereo al suo destino. Questo, dopo aver effettuato un paio di "evoluzioni", perde sempre più quota finché va ad impattare contro l'edificio. Lo scenario che si presenta ai primi soccorritori è apocalittico. Si trovano davanti un edificio completamente avvolto dalla fiamme (il carburante presente nel velivolo ha preso fuoco al momento dell'impatto) con un grosso buco in una delle pareti. Il Cortile che prima era sinonimo di spensieratezza, adesso ospita numerosi adolescenti anneriti che si gettano dalle finestre per sfuggire al fumo e alle fiamme. Vengono subito issate delle scale di fortuna per permettere ai ragazzi di salvarsi, in attesa dell'arrivo dei vigili del fuoco. Il Bilancio è drammatico: 12 ragazzi morti (tutti della seconda A) e 88 feriti per ustioni, intossicazioni e fratture. 72 di questi riportano invalidità permanenti tra il 5 e l'85 per cento. Numerosi genitori sotto shock fanno la fila davanti al centro di Medicina Legale, con la speranza che i resti che gli mostreranno non appartengano ai propri figli. Non immaginano neanche lontanamente che oltre al danno, l'aver perso i loro congiunti appena quindicenni, si prospetta all'orizzonte anche una colossale beffa. Inizialmente non si capiscono le cause della tragedia e vengono formulate le ipotesi più disparate, dal guasto meccanico al malore del pilota. Poi, anche grazie alle registrazioni delle conversazioni tra pilota e centro radar, si stabilisce che la causa è stata un guasto tecnico, rilevato molto tempo prima dell'impatto. Una volta che l'inchiesta stabilisce le cause, parte l'iter giudiziario a carico del tenente Bruno Vivani, per il suo superiore, comandante Eugenio Brega, e per l'ufficiale della torre di controllo di Villafranca, colonnello Roberto Corsini. Ai tre, anche se in modi diversi, viene imputato il fatto che, una volta resosi conto del guasto, "il pilota avrebbe dovuto tentare un atterraggio di fortuna a Ferrara, o puntare verso il mare per poi paracadutarsi".
Il Processo si è dimostrato qualcosa di assurdo, perchè in teoria ha visto lo Stato (Ministero della pubblica istruzione) contro lo Stato (Ministero della Difesa). Solo che i tre militari sono stati difesi dall'Avvocatura di Stato e quindi di fatto le Istituzioni si sono schierate con l'Aereonautica, tutelando così chi ha provocato il danno e non chi lo ha subìto. I genitori delle vittime, che avevano mandato i propri figli in una scuola statale, in un luogo cioè che ritenevano sicuro, al processo, hanno ritrovato lo Stato non come alleato ma come avversario. La sentenza di primo grado condannato gli Imputati Viviani, Brega e Corsini a pene superiori ai due anni, per disastro aviatorio colposo e lesioni colpevoli, e il Ministero della difesa a risarcire i danni (per responsabilità civile). Nel secondo grado di giudizio la Corte d'Appello di Bologna ha ribaltato la sentenza ed ha assolto i militari. Infine il 26 gennaio 1998, la 4ª Sezione della Corte di Cassazione di Roma ha respinto gli ultimi ricorsi dei familiari delle vittime e confermato l'assoluzione per tutte le parti coinvolte, perché "il fatto non costituisce reato". Nessuno è colpevole. Nessuno pagherà per quelle vite spezzate, per la sofferenza dei genitori che quella mattina hanno affidato i loro sogni, le loro speranze a una Istituzione pubblica e un paio d'ore dopo hanno ritrovato il tutto chiuso dentro un sacco nero della spazzatura, insieme a quel che restava dei loro figli. Questa è l'ennesima pagina nera della nostra storia, troppo in fretta dimenticata, ma che ci dimostra, se ancora servisse, da che parte sta la Politica (quella economicamente più forte) nel momento del bisogno dei cittadini. Per lo Stato Italiano i veri colpevoli di questa vicenda sono :Deborah Alutto, Laura Armaroli, Sara Baroncini, Laura Corazza, Tiziana De Leo, Antonella Ferrari, Alessandra Gennari, Dario Lucchini, Elisabetta Patrizi, Elena Righetti, Carmen Schirinzi e Alessandra Venturi. Rei di essersi trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato, peccato fosse una scuola statale.
Francesco Denaro
sabato 28 agosto 2010
La Pacchia è finita?
Sono seduto in un ristorante del centro Italia. Il vociare degli operai intenti a consumare il proprio pranzo e il tintinnio delle posate che incocciano con i piatti, rilegano l’audio proveniente da un televisore a semplice sottofondo, appena udibile. Improvvisamente tutto si zittisce, la tv da semplice comprimario diventa protagonista. Irrompono le notizie del telegiornale. Il fatto del giorno sembra essere il taglio dei fondi alle Regioni previsto nella nuova finanziaria. Quando il cronista inizia ad elencare le reazioni e i commenti dei vari presidenti di Regione e si sofferma sulle dichiarazioni dei governatori del Lazio (Polverini) e della Calabria (Scopelliti) – i quali sostengono che quel tipo di provvedimento può mettere in ginocchio le rispettive Regioni, a causa dell'enorme voragine presente alla voce sanità – nel ristorante si alza un coro unanime: "Era ora che levassero i fondi a questa gente! Basta mangiare sulle nostre spalle! La Pacchia è finita!".
Da calabrese orgoglioso e fiero delle sue origini, la mia prima reazione è stata di indignazione. Ma più passavo il tempo ad ascoltare quegli operai in abiti da lavoro che sostenevano le proprie ragioni e più non potevo fare a meno di convenire con loro. Al caffé le loro tesi erano quasi inconfutabili.
Per l'Unione Europea la Calabria è una Regione a Obiettivo 1. Cioè un territorio bisognoso di promuovere lo sviluppo e l'adeguamento strutturale, per integrarsi completamente nello spazio comunitario. Usufruisce perciò di tre tipi di Fondi: F.E.S.R. (Fondo Europeo di Sviluppo Regionale), F.S.E (Fondo Sociale Europeo), F.E.A.O.G. (Fondo Europeo Agricolo di Orientamento e Garanzia). Se a questi aggiungiamo i contributi che fino ad oggi lo Stato versava alle Regioni, la Calabria diventa uno dei territori a cui vengono erogati più fondi. Ma che fine fanno? Come vengono utilizzati? Nessuno lo sa. Sappiamo, tuttavia, che abbiamo la maggior parte degli edifici pubblici (tra cui scuole, asili, ospedali) a dir poco fatiscenti; che le strade e le autostrade sono degne della Beirut anni ’80; che nessun nuovo posto di lavoro è stato creato e, di conseguenza, non c’è nessuna prospettiva per i giovani (sembra di essere regrediti di 50 anni, quando l'unico futuro era l'emigrazione); che la Sanità è un vero e proprio cancro che consuma soldi su soldi lasciando i servizi invariati.
Ciò nonostante negli ultimi tempi sembra essersi aperta una breccia nel muro del silenzio che circondava le sorti dei finanziamenti Europei. Il ministro dell'Economia Tremonti, durante un’infuocata conferenza stampa, ha svelato che solo 4 miliardi di euro dei 44 destinati al sud Italia sono stati impiegati (dimenticandosi di spiegare come), gli altri giacciono inutilizzati (anche in questo caso si è scordato di definire la parola “Inutilizzati”. Vorrà dire, sperando che questi soldi ancora esistano, che ci divertiremo ad immaginarli nel gigantesco deposito di zio Paperone). L'occhialuto Ministro non si è limitato a riportare i dati, ma ha anche puntato il dito contro le classi dirigenti locali, ritenendole, a suo dire, “responsabili di questa situazione” e definendole “Cialtroni”. Come non convenire con il Ministro? Quando a decidere le nostre sorti sono dei politicanti sempre più somiglianti a rockstars o a divi hollywoodiani (che girano in Suv, indossando Rolex d'oro e vestiti Armani)?
Alle ultime elezioni regionali ci hanno ripetuto sino alla nausea degli slogan di cambiamento e proposto dei tagli con il precedente modo di fare politica, per poi, una volta finita la tornata elettorale, seguitare a ripetere gli stessi errori. Fanno finta di preoccuparsi di doverci mettere le mani in tasca per ripianare i buchi della Regione (da loro creati), quando invece non si fanno alcuno scrupolo a sfilarci i soldi da sotto il naso (in forma di tasse) per pagarsi i loro immeritati e illegali stipendi faraonici. A conferma che nulla è cambiato basti leggere il Corriere della Sera del 10 luglio 2010, pagina 10. La giornalista Stefania Tamburello intervista il presidente Scopelliti. Dopo aver ascoltato una lista interminabile di tagli da dover operare per risanare la Regione (tra cui i costi della politica), la firma del corsera pone una domanda (incredibile da credersi ma esistono ancora giornalisti che possono fare domande). "Allora si ridurrà lo stipendio?" - risposta testuale - " Comprimeremo le spese di funzionamento della Regione, dalle consulenze ai beni strumentali e elimineremo le leggi di spesa non socialmente orientate."Eh? Alzi la mano chi non ha dovuto rileggere almeno tre volte la risposta per dargli un senso, che poi in termini pratici non voglia dire nulla è un altro paio di maniche. Ci si nasconde dietro il politichese per non dire di non essere disposti a rinunciare ai privilegi e quindi dimostrando ancora una volta, se ancora ce ne fosse bisogno, che per loro la politica è come speculare in borsa, un business, e i cittadini sono soltanto mezzi per raggiungere i loro avidi scopi.
La risposta che ci saremmo aspettati da un politico con seria volontà di cambiamento e che rimanesse minimamente coerente con la propria campagna elettorale, sarebbe stata: "Sì ci ridurremo lo stipendio. Reputiamo immorale guadagnare 11.316 euro al mese, quando nella nostra Regione ci sono giovani che ne guadagnano 800 e spesso in nero, mentre altri sono costretti ad emigrare per una vita più dignitosa. Finché durerà la crisi e i conti della Calabria non saranno a posto, percepiremo solo il 10% dello stipendio, seguendo l'esempio di Giovanni Favia, eletto in Emilia Romagna con il Movimento Cinque Stelle, che degli 11.053 euro riconosciuti ai consiglieri della sua Regione, ne tratterrà 1.300 e restituirà il resto ai cittadini. Per quei miei colleghi che già percepiscono introiti indipendenti dalla politica, il compenso previsto come consigliere regionale sarà sospeso. Così facendo riusciremo a risparmiare 10.000 euro circa per consigliere regionale: moltiplicandoli per 50, ossia il numero degli eletti alla Regione, avremo infine un budget di circa 500.000 euro al mese da donare, volta per volta, ad un ospedale o ad una scuola."
Temo, tuttavia, che questa rimanga una folle disamina di chi crede ancora di vivere in un paese di nome Utòpia.
Francesco Denaro
martedì 11 maggio 2010
Silenzio in stampa
I grandi maestri del giornalismo hanno sempre sostenuto e insegnato che la regola numero uno per diventare un buon giornalista è fare domande scomode a personaggi scomodi. Nel corso degli anni, tuttavia, sembra che questa norma si sia trasformata in: "se vuoi lavorare in una redazione devi leccare il sedere a qualcuno". Chi ha applicato alla lettera questo criterio è il Tg1.
Da circa un anno – cioè da quando si è insediato il nuovo direttore (Minzolini) – guardando il Tg1 si assiste a continui black out riguardanti notizie scomode, a mezze verità e a interminabili servizi su costume e animali. Questo ha comportato un notevole calo negli ascolti (dal 32,79 per cento del 2006 al 27,5 per cento di oggi) che è costato al Tg1 lo status di "tg di riferimento per gli italiani". Ma non è tutto. Da un’inchiesta giornalistica – fortunatamente è rimasto chi ancora fa’ il proprio lavoro – sono emerse delle intercettazioni telefoniche riguardanti proprio il direttore Minzolini intento a rassicurare un politico sulla propria fedeltà. Applicando "la regola", il telegiornalista Giorgino – che adesso conduce l'edizione delle 20:00 – approntò una lettera di sostegno per il direttore, dove si dichiarava che nonostante tutto la redazione lo sosteneva. Non parteciparono alla farsa – dunque non firmarono – numerosi mezzibusti "famosi" tra cui Tiziana Ferrario, Paolo Di Giannantonio e Maria Luisa Busi. I tre entrarono in aperto contrasto con Minzolini sottolineando che durante un Tg è assurdo leggere una nota di quattro righe sui cassaintegrati che scioperano all'Asinara e poi fare tre minuti di servizio sui cigni islandesi. Questa precisazione – ma sopratutto la mancata firma di sostegno – è costata cara ai dissidenti, i quali sono stati rimossi dai propri incarichi. Alle numerose polemiche piovutegli addosso a causa di queste epurazioni, il "direttorissimo" si è giustificato asserendo motivi anagrafici (peccato che la carta d'identità sia valsa solo per chi non aveva apposto la firma).
La situazione della carta stampata, a ben vedere, è anche peggiore. Quasi tutti i quotidiani che si trovano in edicola usufruiscono dei finanziamenti dello Stato. Nel 1981 fu varata una legge che riconosceva aiuti economici ai giornali di partito incapaci di sostenersi da soli. Nel 1987 la legge cambiò: se due deputati affermavano che il giornale x è un organo di un movimento politico, anch’esso può servirsi dei finanziamenti. Nel 2001 avvenne l’ennesimo ritocco alla legge: per essere finanziati, bisognava diventare una cooperativa. Attualmente, a causa di queste leggi, si spendono 667 milioni di euro all'anno per finanziare molti giornali, nonostante la maggior parte di essi non ne ha bisogno perché guadagna abbastanza sia dalla pubblicità sia dalle vendite. Ma questa è un altra storia.
Con tutti questi milioni in ballo, quali linee editoriali adottereste se voi, cari lettori, foste i proprietari di alcuni giornali? Sicuramente non attacchereste chi vi tiene in pugno, minacciandovi a ogni occasione di levarvi i finanziamenti. Vi operereste, anzi, a nascondere, a tagliare o a far semplicemente finta che una notizia non ci sia. Quale imparzialità ci si può aspettare da questi giornali? Quale verità dovrebbero svelare? Se per assurdo s’immaginasse che le notizie non siano pilotate dalla venalità, il risultato non cambierebbe perchè la maggior parte della carta stampata è sotto controllo politico. Ad esempio Libero e Il Riformista appartengono a un senatore; Il Giornale è del fratello del Presidente del Consiglio; L'Unità, Il Manifesto, Il Secolo sono tutti giornali di "partito" – e se ne potrebbero citare tanti altri che appartengono a questa fattispecie.
Nelle maggiori democrazie liberali le regole del gioco sono chiare: la selezione delle classi dirigenti viene demandata all'opinione pubblica. L’elettore, quindi, avrebbe il diritto di sapere tutto sul proprio candidato per poi sceglierlo o bocciarlo al momento del voto. Ma in un paese come l'Italia, dove la fonte principale d'informazione è costituita dalle tv e dai giornali – cioè da quella stampa condizionata dagli interessi e dalle paure sopra citate – questo diritto viene palesemente meno. La cosa preoccupante è che il modo di fare informazione degli ultimi tempi è considerato la normalità. Non servono a nulla gli International Journalism Festival che rivendicano la libertà di stampa, se poi ai giovani presenti non si spiega il modo di fare giornalismo. Era un festival "internazionale" ma non c’erano – e nemmeno si è parlato – di personaggi come Carl Bernstein (Premio Pulitzer nel 1973 "per il Servizio Pubblico", grazie all'inchiesta giornalistica che svelò i retroscena dello scandalo Watergate, che spinse il presidente degli Stati Uniti Richard Nixon a rassegnare le dimissioni) o Malcolm Browne (Premio Pulitzer nel 1964 per i reportage dal Vietnam). In compenso, però, c'erano i "professionisti" dei tg.
La verità è che i mezzi d'informazione sono diventati uffici stampa di politici-padroni e spacciatori di notizie inutili, inconsapevoli (forse) che in questo modo uccidono la libertà di parola. Dai media sentiamo ripetere sempre i soliti slogan ("libertà di stampa e di espressione") i quali, alla fine, si rivelano paurosamente simili a quelli di Orwell in 1984 ("La guerra è pace e L’ignoranza è forza").
Otterremo la vera libertà di stampa solo quando smetteremo di dare soldi alla stampa. Perché un editore o è libero da qualsiasi vincolo politico-economico o non è un editore. È semplicemente un uomo d’affari e non c’entra nulla con il principio della libertà di espressione così com’è sancito dall’art.21 della nostra Costituzione:
«Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure».
Francesco Denaro
venerdì 2 aprile 2010
Dissenso assenso
Francesco Denaro
venerdì 19 marzo 2010
THE FOG (La Nebbia)
Purtroppo l'attuale democrazia Italiana è a un passo dal trasformarsi in una dittatura. Probabilmente ancora non ce ne siamo accorti perchè associamo spesso questa parola all’idea di uomini in divisa con il braccio teso o con il pugno chiuso. Quello che conta, però, è la sostanza non la forma. Perchè mandare carri armati per prendere il controllo delle principali reti televisive, quando basta cambiare i direttori? A cosa serve far bombardare la sede del parlamento, quando è sufficiente impedire agli elettori di scegliere i parlamentari? Giudici e tribunali, poi, perchè sospenderli quando si possono ignorare? È da dilettanti nazionalizzare le più importanti aziende del paese, quando basta una telefonata ai manager che siedono nei consigli d’amministrazione. In tutto questo le opposizioni dove sono? I sindacati latitano. Gli unici veramente temibili sono i criminali ma, come ci insegna la storia, con questi ci si siede intorno a un tavolo e si trova un accordo.
In questo panorama, non resta che navigare a vista per tirarsi fuori da questo gigantesco banco di Nebbia. Sperare nell'aiuto della bussola o della stella polare può rivelarsi vano. Per completezza d'informazione, è da precisare che chi scrive non fa parte di nessun partito politico: l'unica tessera posseduta è quella del supermercato per la raccolta punti.
Francesco Denaro
sabato 27 febbraio 2010
E IO PAGO...!!!!
I guadagni dei commercianti sono ormai ridotti all'osso e i giovani fanno sempre più fatica a trovare un lavoro con uno stipendio adeguato. Per fortuna c'è qualcuno che da questa emergenza sociale ne esce indenne e anzi passa a incassare i frutti del duro lavoro svolto durante l'anno: i partiti politici. Questi signori si stanno spartendo una quantità di milioni di euro di cui praticamente non devono rendere conto a nessuno.
La denuncia dello sperpero semi-legalizzato di denaro pubblico viene dalla Corte dei Conti. Questa inutile notizia ai tg viene coperta dai più interessanti casi del pulcino circense –con tanto di capriole – e dal Cane cantante – Only you – il suo cavallo di battaglia. Ripercorriamo, tuttavia, la strada che ci ha condotti sino a qui.
Il finanziamento pubblico ai partiti è introdotto dalla Legge Piccoli n.195/1974, che interpreta il sostegno all'iniziativa politica come puro finanziamento alle strutture dei partiti presenti in Parlamento, con l'effetto di penalizzare le nuove formazioni politiche. Soltanto dopo lo scandalo Tangentopoli (aprile ’93), dopo innumerevoli tentativi di referendum – tutti falliti – il 90,3% degli italiani si esprime a favore dell'abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti. Il tutto dura pochi mesi. Sì, perchè con la solita arroganza e tradendo il volere popolare nel dicembre ‘93 – sono passati 8 mesi – il Parlamento aggiorna (con la Legge 515/1993) la già esistente legge sui rimborsi elettorali, definiti “contributo per le spese elettorali". Guarda caso il 27 marzo 1994 ci sono le elezioni e la legge è applicata. Per l'intera legislatura sono erogati in un’unica soluzione 47 milioni di euro. Assurdo? Andiamo avanti.
Modificando alcune definizioni e aggirando il volere popolare, i partiti tornano ad appropriarsi impunemente e legalmente dei soldi dei cittadini. Nel 1997 con la Legge 2/1997, intitolata “Norme per la regolamentazione della contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici”, si reintroduce il finanziamento pubblico ai partiti. Il provvedimento prevede la possibilità per i contribuenti, al momento della dichiarazione dei redditi, di destinare il 4 per mille al finanziamento dei partiti e dei movimenti politici. Si stabilisce anche un tetto massimo di denaro del quale si può beneficiare sino a 56.810.000 euro. Il tutto deve essere erogato ai partiti entro il 31 gennaio di ogni anno. Ma 56 milioni sembrano pochi e per il solo anno 1997 è introdotta una norma transitoria che fissa un nuovo limite massimo a 82.633.000 euro, nonostante pochissimi avessero destinato il loro 4 per mille ai movimenti.
In tre anni – dal ‘94 al ‘97 – le nostre libere donazioni ai partiti sono passate da 47 a 83 milioni di euro. Aberrante? Proseguiamo.
La Legge 157/1999, dietro il titolo “Norme in materia di rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e referendarie” completa il discorso iniziato nel 1997 e reintroduce il finanziamento pubblico completo per i partiti. La 157 prevede cinque fondi – per le elezioni alla Camera, al Senato, al Parlamento Europeo, per le Regionali e per i referendum – erogati in rate annuali, per 193.713.000 euro nel caso di una legislatura politica completa, mentre nell’eventualità di fine anticipata della legislatura l'erogazione viene interrotta. Di fatto il rimborso elettorale previsto non ha attinenza diretta con le spese effettivamente sostenute per le campagne elettorali. Così la beneficenza sale. Da 47 a 83 fino a 193,7 milioni di euro. Vergognoso? Continuiamo.
Nel 2002 con la Legge 156/2002, “Disposizioni in materia di rimborsi elettorali”, si abbassa all'1% il quorum per ottenere il rimborso elettorale e si raddoppia l'ammontare da erogare passando da 193.713.000 euro a 468.853.675 euro. Nel 2006 la Legge 5122/2006 sancisce che l’erogazione è dovuta per tutti e cinque gli anni di legislatura, indipendentemente dalla sua durata effettiva. In pratica, nel 2008, con la caduta del governo Prodi, i partiti cominciano ad incassare il doppio dei fondi perchè ricevono le quote annuali della quindicesima e sedicesima legislatura. Insomma chi ha raccolto almeno l'1% dei consensi continuerà a percepire i rimborsi sia relativamente al 2006 sia alle elezioni 2008 ed è sistemato fino al 2013. Anche l'Udeur di Mastella usufruirà dei rimborsi sino al 2011. la speranza è che non ci sia una crisi di governo prima del 2011, altrimenti pagheremo i rimborsi per 3 legislature terminate (2006-2008-2010\2011). Nel frattempo, le donazioni passano da 193.7 a 468 milioni di euro. Scandaloso? Sì, un vero scandalo.
Secondo l'ultima norma, per ogni elettore i partiti si autoassegnano 1 euro e poi si distribuiscono i denari in base ai risultati elettorali, senza praticamente dover dimostrare nulla. A fronte di spese dimostrate di 579 milioni di euro, dal 1994 al 2008 i partiti si sono spartiti 2,25 miliardi di euro, con un utile di ben 1,67 miliardi di euro.
Ognuno tragga le proprie considerazioni. In ogni caso, sia chiaro, non avremmo modo per far sentire il nostro dissenso né di confrontarci direttamente con questi signori. Siamo cittadini o il “popolo sovrano” soltanto durante le elezioni, finite le quali rappresentiamo solo numeri e statistiche. Questo è l’unico caso nel quale i datori di lavoro non possono scegliere i propri dipendenti, non guadagnano più di loro né possono licenziarli quando vogliono.
Francesco Denaro
giovedì 28 gennaio 2010
L'Affaire H1N1 Volume II
La Francia sta tentando di vendere l’esubero di milioni di vaccini per l’influenza A. Il quotidiano Le Parisien ha riportato la notizia che il ministero della Salute ha già venduto 300.000 dosi al Qatar e che ne sta per vendere altri due milioni all’Egitto.“Siamo in contatto con altri paesi, in particolare Ucraina e Messico”, ha riferito il ministero in un comunicato. Secondo quanto riportato dalle autorità sanitarie, solo cinque milioni di francesi sono stati vaccinati contro l’H1N1, contro l’acquisto di quasi 90 milioni di dosi da Sanofi-Pasteur, GlaxoSmithKline, Novartis e da Baxter International. I Francesi cercano di ammortizzare almeno una parte degli 869 milioni di euro spesi, che è la maniera più rapida rispetto alla ricerca degli speculatori che ripaghino l’intera comunità. E c’è da scommettere che alla prossima pandemia ce ne saremo già dimenticati.
La Germania non è da meno. Il ministero della Salute tedesco, dopo aver acquistato oltre 50 milioni di dosi di vaccino, ora avrebbe intenzione di rivenderne oltre due milioni di dosi. Finora solo poco più del 5% della popolazione si è vaccinata. L’intenzione di rivendere il vaccino sarebbe anche della Spagna, e così pure la Svizzera si avvia a rivendere circa 4,5 dei 13 milioni di dosi acquistate.
E l’Italia? Al momento sono state somministrate 850.000 dosi di vaccino contro l’influenza A, contro l’acquisto di 48 milioni di dosi. Il direttore generale Prevenzione e Sanità del ministero della Salute, Fabrizio Oleari, fa sapere che “per ora non è prevista alcuna cessione o vendita delle proprie dosi di vaccino contro l’H1N1, poiché è ancora in vigore la campagna vaccinale che si protrarrà fino alla fine di febbraio”.
Traduzione: stiamo aspettando un momento più "proficuo".
Se vi dicessi che ci “potrebbe” essere stato un conflitto d’interessi per la contrattazione e la vendita dei vaccini in Italia...
Il Ministero della Salute è l’autorità più alta che decide e dispone per la vaccinazione di massa contro l’influenza suina. Il Ministro che concluse l’acquisto degli immunizzatori fu l’On. Sacconi, poi sostituito da Ferruccio Fazio alla guida del dicastero.
Farmindustria è quell’organismo che raccoglie le prime 200 case farmaceutiche italiane. Insomma l’associazione di quelle aziende che venderanno al governo il vaccino. Il Direttore Generale di Farmindustria è Enrica Giorgetti. Voi direte: e quindi? Cosa c’è di male? Nulla!! Se non fosse per il fatto che la Giorgetti è la moglie di Sacconi (LEGGI).
È come se fossi il Presidente della Nutella e mia moglie è il Direttore Generale dell’associazione dei produttori di Nocciole.
Come al solito nessuno ne parla. Se raccogliessimo un euro per ogni persona che non è a conoscenza di questo “possibile” conflitto d’interessi, sono sicuro che i vaccini avanzati li potremmo ricomprare noi.
Dimentico sempre di vivere in Italia.
Francesco Denaro
L'Affaire H1N1- Volume I
La prima denuncia arriva dalla commissione Sanità del Consiglio d'Europa: il presidente tedesco, Wolfang Wodarg, considera l’H1N1 una truffa colossale. L’influenza A, che per settimane ha allarmato milioni di persone, in realtà è una “falsa pandemia” orchestrata dalle case farmaceutiche per fare miliardi di euro con la vendita del vaccino. Wodarg accusa esplicitamente le industrie farmaceutiche di aver condizionato la decisione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità di dichiarare la pandemia.
Le multinazionali del farmaco – sostiene l’ex membro dell’Spd, medico ed epidemiologo – hanno accumulato “enormi guadagni” senza alcun rischio finanziario, mentre i governi di tutto il mondo prosciugavano i magri bilanci sanitari, spendendo milioni nell’acquisto di vaccini contro un’infezione che, di fatto, era poco aggressiva. Per queste ragioni, Wodarg fa approvare nel Consiglio d’Europa una risoluzione per indagare sul ruolo delle case farmaceutiche, questione sulla quale si dibatterà a fine mese.
La denuncia del presidente della commissione Sanità europea, riportata con grande evidenza dal Daily Mail, arriva qualche giorno dopo quella dei governi di mezzo mondo, i quali stanno cercando di sbarazzarsi delle milioni di dosi di vaccino, ordinate all’apice della crisi. Il Mail ricorda che, in Gran Bretagna, il Ministero della Salute aveva previsto 65.000 decessi; creato una linea-verde e un sito web per dare consigli; sospeso la regola che vieta di vendere anti-virali senza prescrizione medica; allertato gli obitori e persino l'esercito, pronto a entrare in azione qualora si fossero verificati tumulti tra la popolazione a caccia dei farmaci.
Il caso dell’influenza suina, secondo Wodarg, è “uno dei più grandi scandali sanitari” del secolo. Le maggiori aziende farmaceutiche sono riuscite a piazzare “i propri uomini” negli “ingranaggi” dell’Oms e di altre influenti organizzazioni. In questo modo, potrebbero aver convinto persino l’organizzazione Onu ad ammorbidire la definizione di pandemia, il che poi portò, nel giugno scorso, alla dichiarazione di pandemia in tutto il mondo:“Per promuovere i loro farmaci brevettati e i vaccini contro l’influenza, le case farmaceutiche hanno influenzato scienziati e organismi ufficiali, competenti in materia sanitaria, e così allarmato i governi di tutto il mondo: li hanno spinti a sperperare le ristrette risorse finanziarie per strategie di vaccinazione inefficaci e hanno esposto inutilmente milioni di persone al rischio di effetti collaterali sconosciuti per vaccini non sufficientemente testati”.
Wodarg non fa alcun nome esplicito di persona in conflitto di interessi; lo scorso anno, tuttavia, sempre il Mail aveva rivelato che Sir Roy Anderson – uno scienziato consulente del governo britannico sull’influenza suina – fa parte del consiglio d’amministrazione della GlaxoSmithKline. L’azienda farmaceutica, che produce antinfluenzali e vaccini, ha immediatamente replicato alle accuse, definendole “sbagliate e infondate”.
In tutto questo trambusto il nostro governo cosa fa? Una scrittura privata con una casa farmaceutica e ci pone sopra il segreto di Stato!!!
La scrittura tra il Ministero della Salute e la multinazionale farmaceutica Novartis prevede l’acquisto diretto di 24 milioni di dosi di vaccino contro la nuova influenza, al costo di 184 milioni di euro, iva inclusa (168milioni più 16.800.000 di Iva). Il testo dell’accordo, finora segreto, è stato pubblicato (VEDI), anche se con molti omissis, da Altreconomia. Risale al 21 agosto del 2009 ed è firmato dal direttore generale del Ministero, Fabrizio Oleari, e dall’amministratore delegato di Novartis Vaccines, Francesco Gulli.
La Novartis, secondo quanto stabilito nel testo dell’accordo, è obbligata a produrre le dosi di vaccino e a consegnarle nei tempi stabiliti, esperendo tutti gli “sforzi commercialmente ragionevoli”. In caso contrario, “le parti troveranno di comune accordo un termine diverso di consegna, con esclusione di qualsiasi altro rimedio da parte del Ministero".
Ad oggi, sono state prodotte e consegnate 10 milioni di dosi di vaccino e ne sono state effettivamente utilizzate meno di un milione. L’accordo contiene una serie di clausole riguardo alle quali la Corte dei Conti aveva già parlato di condizioni troppo favorevoli a Novartis, come ad esempio l’assenza di penali, l’acquisizione da parte del Ministero dei rischi e il risarcimento alla multinazionale per eventuali perdite. All’art. 4, inoltre, si spiega che la responsabilità di Novartis è limitata al difetto di fabbricazione e che il Ministero è tenuto a “indennizzare, manlevare e tenere indenne Novartis da qualsiasi perdita che Novartis sia tenuta a risarcire in conseguenza di danni a persone o cose causati dal prodotto, salvo ove tali perdite siano dovute a un difetto di fabbricazione del prodotto”. L’art. 5 e seguenti commi stabiliscono che il prezzo per ciascuna dose di vaccino è pari a 7 euro. Totale: 168 milioni di euro più iva. Il Ministero dovrà pagare entro 60 giorni dall’emissione della fattura, su un conto corrente del Monte dei Paschi di Siena.
La Corte dei Conti aveva lamentato il fatto che la scrittura privata tra il Ministero della Salute e la multinazionale farmaceutica Novartis fosse di fatto coperta da segreto. Solo oggi possiamo leggere il contenuto di questo contratto – pur se con non pochi omissis – grazie ad Altroconsumo, che ne ha denunciato e pubblicato il testo. Già da novembre Altroconsumo ha scritto al Ministero della Salute chiedendo conto, tra l’altro, dei costi sostenuti dalla collettività per le 24 milioni di dosi di vaccino ordinate all’azienda farmaceutica Novartis e chiarimenti sui termini del contratto tra governo e azienda farmaceutica. L’associazione in difesa dei consumatori, però, non ha ricevuto alcuna risposta.
La domanda che a questo punto sorge spontanea, perchè dobbiamo consultare siti e giornali stranieri per avere queste notizie? I giornalisti italiani dove sono?
Neanche una riga su un giornale né uno straccio di servizio ad un tg. Ma tanto a noi cosa ci importa.... Basta che la domenica la nostra squadra vinca, che George sposi Carmela e tutto il resto... è noia...
Benvenuti in Italia.
PS: Informazioni tratte da Apcom.net, ASCA, Ansa, Altroconsumo.it, AGI.
Francesco Denaro