La crisi ormai diventa sempre più evidente, non passa giorno che non si senta di lavoratori disperati che salgono sui tetti o occupano binari, rivendicando semplicemente ciò che prevede la nostra costituzione: il diritto al lavoro.
I guadagni dei commercianti sono ormai ridotti all'osso e i giovani fanno sempre più fatica a trovare un lavoro con uno stipendio adeguato. Per fortuna c'è qualcuno che da questa emergenza sociale ne esce indenne e anzi passa a incassare i frutti del duro lavoro svolto durante l'anno: i partiti politici. Questi signori si stanno spartendo una quantità di milioni di euro di cui praticamente non devono rendere conto a nessuno.
La denuncia dello sperpero semi-legalizzato di denaro pubblico viene dalla Corte dei Conti. Questa inutile notizia ai tg viene coperta dai più interessanti casi del pulcino circense –con tanto di capriole – e dal Cane cantante – Only you – il suo cavallo di battaglia. Ripercorriamo, tuttavia, la strada che ci ha condotti sino a qui.
Il finanziamento pubblico ai partiti è introdotto dalla Legge Piccoli n.195/1974, che interpreta il sostegno all'iniziativa politica come puro finanziamento alle strutture dei partiti presenti in Parlamento, con l'effetto di penalizzare le nuove formazioni politiche. Soltanto dopo lo scandalo Tangentopoli (aprile ’93), dopo innumerevoli tentativi di referendum – tutti falliti – il 90,3% degli italiani si esprime a favore dell'abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti. Il tutto dura pochi mesi. Sì, perchè con la solita arroganza e tradendo il volere popolare nel dicembre ‘93 – sono passati 8 mesi – il Parlamento aggiorna (con la Legge 515/1993) la già esistente legge sui rimborsi elettorali, definiti “contributo per le spese elettorali". Guarda caso il 27 marzo 1994 ci sono le elezioni e la legge è applicata. Per l'intera legislatura sono erogati in un’unica soluzione 47 milioni di euro. Assurdo? Andiamo avanti.
Modificando alcune definizioni e aggirando il volere popolare, i partiti tornano ad appropriarsi impunemente e legalmente dei soldi dei cittadini. Nel 1997 con la Legge 2/1997, intitolata “Norme per la regolamentazione della contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici”, si reintroduce il finanziamento pubblico ai partiti. Il provvedimento prevede la possibilità per i contribuenti, al momento della dichiarazione dei redditi, di destinare il 4 per mille al finanziamento dei partiti e dei movimenti politici. Si stabilisce anche un tetto massimo di denaro del quale si può beneficiare sino a 56.810.000 euro. Il tutto deve essere erogato ai partiti entro il 31 gennaio di ogni anno. Ma 56 milioni sembrano pochi e per il solo anno 1997 è introdotta una norma transitoria che fissa un nuovo limite massimo a 82.633.000 euro, nonostante pochissimi avessero destinato il loro 4 per mille ai movimenti.
In tre anni – dal ‘94 al ‘97 – le nostre libere donazioni ai partiti sono passate da 47 a 83 milioni di euro. Aberrante? Proseguiamo.
La Legge 157/1999, dietro il titolo “Norme in materia di rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e referendarie” completa il discorso iniziato nel 1997 e reintroduce il finanziamento pubblico completo per i partiti. La 157 prevede cinque fondi – per le elezioni alla Camera, al Senato, al Parlamento Europeo, per le Regionali e per i referendum – erogati in rate annuali, per 193.713.000 euro nel caso di una legislatura politica completa, mentre nell’eventualità di fine anticipata della legislatura l'erogazione viene interrotta. Di fatto il rimborso elettorale previsto non ha attinenza diretta con le spese effettivamente sostenute per le campagne elettorali. Così la beneficenza sale. Da 47 a 83 fino a 193,7 milioni di euro. Vergognoso? Continuiamo.
Nel 2002 con la Legge 156/2002, “Disposizioni in materia di rimborsi elettorali”, si abbassa all'1% il quorum per ottenere il rimborso elettorale e si raddoppia l'ammontare da erogare passando da 193.713.000 euro a 468.853.675 euro. Nel 2006 la Legge 5122/2006 sancisce che l’erogazione è dovuta per tutti e cinque gli anni di legislatura, indipendentemente dalla sua durata effettiva. In pratica, nel 2008, con la caduta del governo Prodi, i partiti cominciano ad incassare il doppio dei fondi perchè ricevono le quote annuali della quindicesima e sedicesima legislatura. Insomma chi ha raccolto almeno l'1% dei consensi continuerà a percepire i rimborsi sia relativamente al 2006 sia alle elezioni 2008 ed è sistemato fino al 2013. Anche l'Udeur di Mastella usufruirà dei rimborsi sino al 2011. la speranza è che non ci sia una crisi di governo prima del 2011, altrimenti pagheremo i rimborsi per 3 legislature terminate (2006-2008-2010\2011). Nel frattempo, le donazioni passano da 193.7 a 468 milioni di euro. Scandaloso? Sì, un vero scandalo.
Secondo l'ultima norma, per ogni elettore i partiti si autoassegnano 1 euro e poi si distribuiscono i denari in base ai risultati elettorali, senza praticamente dover dimostrare nulla. A fronte di spese dimostrate di 579 milioni di euro, dal 1994 al 2008 i partiti si sono spartiti 2,25 miliardi di euro, con un utile di ben 1,67 miliardi di euro.
Ognuno tragga le proprie considerazioni. In ogni caso, sia chiaro, non avremmo modo per far sentire il nostro dissenso né di confrontarci direttamente con questi signori. Siamo cittadini o il “popolo sovrano” soltanto durante le elezioni, finite le quali rappresentiamo solo numeri e statistiche. Questo è l’unico caso nel quale i datori di lavoro non possono scegliere i propri dipendenti, non guadagnano più di loro né possono licenziarli quando vogliono.
I guadagni dei commercianti sono ormai ridotti all'osso e i giovani fanno sempre più fatica a trovare un lavoro con uno stipendio adeguato. Per fortuna c'è qualcuno che da questa emergenza sociale ne esce indenne e anzi passa a incassare i frutti del duro lavoro svolto durante l'anno: i partiti politici. Questi signori si stanno spartendo una quantità di milioni di euro di cui praticamente non devono rendere conto a nessuno.
La denuncia dello sperpero semi-legalizzato di denaro pubblico viene dalla Corte dei Conti. Questa inutile notizia ai tg viene coperta dai più interessanti casi del pulcino circense –con tanto di capriole – e dal Cane cantante – Only you – il suo cavallo di battaglia. Ripercorriamo, tuttavia, la strada che ci ha condotti sino a qui.
Il finanziamento pubblico ai partiti è introdotto dalla Legge Piccoli n.195/1974, che interpreta il sostegno all'iniziativa politica come puro finanziamento alle strutture dei partiti presenti in Parlamento, con l'effetto di penalizzare le nuove formazioni politiche. Soltanto dopo lo scandalo Tangentopoli (aprile ’93), dopo innumerevoli tentativi di referendum – tutti falliti – il 90,3% degli italiani si esprime a favore dell'abrogazione del finanziamento pubblico ai partiti. Il tutto dura pochi mesi. Sì, perchè con la solita arroganza e tradendo il volere popolare nel dicembre ‘93 – sono passati 8 mesi – il Parlamento aggiorna (con la Legge 515/1993) la già esistente legge sui rimborsi elettorali, definiti “contributo per le spese elettorali". Guarda caso il 27 marzo 1994 ci sono le elezioni e la legge è applicata. Per l'intera legislatura sono erogati in un’unica soluzione 47 milioni di euro. Assurdo? Andiamo avanti.
Modificando alcune definizioni e aggirando il volere popolare, i partiti tornano ad appropriarsi impunemente e legalmente dei soldi dei cittadini. Nel 1997 con la Legge 2/1997, intitolata “Norme per la regolamentazione della contribuzione volontaria ai movimenti o partiti politici”, si reintroduce il finanziamento pubblico ai partiti. Il provvedimento prevede la possibilità per i contribuenti, al momento della dichiarazione dei redditi, di destinare il 4 per mille al finanziamento dei partiti e dei movimenti politici. Si stabilisce anche un tetto massimo di denaro del quale si può beneficiare sino a 56.810.000 euro. Il tutto deve essere erogato ai partiti entro il 31 gennaio di ogni anno. Ma 56 milioni sembrano pochi e per il solo anno 1997 è introdotta una norma transitoria che fissa un nuovo limite massimo a 82.633.000 euro, nonostante pochissimi avessero destinato il loro 4 per mille ai movimenti.
In tre anni – dal ‘94 al ‘97 – le nostre libere donazioni ai partiti sono passate da 47 a 83 milioni di euro. Aberrante? Proseguiamo.
La Legge 157/1999, dietro il titolo “Norme in materia di rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e referendarie” completa il discorso iniziato nel 1997 e reintroduce il finanziamento pubblico completo per i partiti. La 157 prevede cinque fondi – per le elezioni alla Camera, al Senato, al Parlamento Europeo, per le Regionali e per i referendum – erogati in rate annuali, per 193.713.000 euro nel caso di una legislatura politica completa, mentre nell’eventualità di fine anticipata della legislatura l'erogazione viene interrotta. Di fatto il rimborso elettorale previsto non ha attinenza diretta con le spese effettivamente sostenute per le campagne elettorali. Così la beneficenza sale. Da 47 a 83 fino a 193,7 milioni di euro. Vergognoso? Continuiamo.
Nel 2002 con la Legge 156/2002, “Disposizioni in materia di rimborsi elettorali”, si abbassa all'1% il quorum per ottenere il rimborso elettorale e si raddoppia l'ammontare da erogare passando da 193.713.000 euro a 468.853.675 euro. Nel 2006 la Legge 5122/2006 sancisce che l’erogazione è dovuta per tutti e cinque gli anni di legislatura, indipendentemente dalla sua durata effettiva. In pratica, nel 2008, con la caduta del governo Prodi, i partiti cominciano ad incassare il doppio dei fondi perchè ricevono le quote annuali della quindicesima e sedicesima legislatura. Insomma chi ha raccolto almeno l'1% dei consensi continuerà a percepire i rimborsi sia relativamente al 2006 sia alle elezioni 2008 ed è sistemato fino al 2013. Anche l'Udeur di Mastella usufruirà dei rimborsi sino al 2011. la speranza è che non ci sia una crisi di governo prima del 2011, altrimenti pagheremo i rimborsi per 3 legislature terminate (2006-2008-2010\2011). Nel frattempo, le donazioni passano da 193.7 a 468 milioni di euro. Scandaloso? Sì, un vero scandalo.
Secondo l'ultima norma, per ogni elettore i partiti si autoassegnano 1 euro e poi si distribuiscono i denari in base ai risultati elettorali, senza praticamente dover dimostrare nulla. A fronte di spese dimostrate di 579 milioni di euro, dal 1994 al 2008 i partiti si sono spartiti 2,25 miliardi di euro, con un utile di ben 1,67 miliardi di euro.
Ognuno tragga le proprie considerazioni. In ogni caso, sia chiaro, non avremmo modo per far sentire il nostro dissenso né di confrontarci direttamente con questi signori. Siamo cittadini o il “popolo sovrano” soltanto durante le elezioni, finite le quali rappresentiamo solo numeri e statistiche. Questo è l’unico caso nel quale i datori di lavoro non possono scegliere i propri dipendenti, non guadagnano più di loro né possono licenziarli quando vogliono.
Francesco Denaro